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Le Nostre Tradizioni

Con il termine musica popolare si intende la musica scritta con il linguaggio del popolo e pensata per il popolo e comunemente, ma impropriamente, all'interno di questa dicitura si include anche la musica folclorica ossia quella musica proveniente dal popolo le cui origini si perdono nella notte dei tempi, in particolar modo per quanto riguarda il canto di tradizione orale. Spesso la musica popolare trae ispirazione dalla musica folclorica assumendone stilemi e linguaggi.
Per quanto concerne la musica popolare, nella maggior parte dei casi, essa nasce o ha la sua principale espressione in momenti di aggregazione sociale come feste, sagre, o celebrazioni ( si pensi ad esempio al ballo liscio).
Nella tradizione folclorica italiana si pensi invece al ruolo svolto in regioni diverse da strumenti come la fisarmonica, il mandolino, l'ocarina o lo scacciapensieri, oppure da balli come la tarantella, la pizzica, il saltarello.
Come la musica etnica, il folk è continuamente soggetto a contaminazioni con il pop. Fra i generi folk che hanno maggiormente influenzato la produzione pop vi sono la musica celtica (si pensi all'italiano Angelo Branduardi) e la musica country, che ha generato con il rock infinite combinazioni.
Negli ultimi anni sono nati numerosi festival, spesso denominati Folk Festival, e manifestazioni di musica tradizionale, folclorica o popolare, incluse le nuove forme di contaminazione.

Marranzanu - Scacciapensieri

Lo scacciapensieri detto anche marranzano (marranzanu in siciliano) è uno strumento musicale idiofono costruito da una struttura di metallo ripiegata su sé stessa a forma di ferro di cavallo in modo da creare uno spazio libero in mezzo al quale si trova una sottile lamella di metallo che da un lato è fissata alla struttura dello strumento e dall'altro lato è libera.

Lo strumento si suona ponendo l'estremità con l'ancia libera poggiata sui denti (senza stringere troppo) e pizzicando la lamella con un dito mentre si cambia la dimensione della cavità orale per regolare l'altezza dei suoni che può avvenire anche per mezzo di diversi posizionamenti della lingua.
L'oggetto dovrebbe diventare un tutt'uno con il corpo del musicista. Lo scacciapensieri moderno si suona in tre modi:

pizzicando la lamella normalmente e muovendo la lingua (emette vibrazioni variabili accompagnate dal basso suono unico e proprio),
pizzicando la lamella aumentando contemporaneamente l'estensione della cavità orale,
pizzicando la lamella respirando contemporaneamente (emette un suono unico senza vibrazioni)
Numerose sono le sue varianti fonetiche in Sicilia. Mariolu e’ il termine di Palermo , marranzanu quello di Catania , marranzuni a Messina. Altre varianti lessicali sono : ngannalarruni ,nningalarruni , camarruni ,malularruni etc.


Friscalettu

Strumento musicale della famiglia degli aerofoni, affine al flauto dritto(dolce) ma dal timbro piu’ robusto e brillante, e’ costituito da un cilindro cavo di canna recante in tutto 9 fori (7anteriori e 2 posteriori).
Strumento principe dei complessi folklorici e folkloristici siciliani, viene costruito solitamente nelle tonalita’ di DO-SOL-LA.
Il suo nome varia da luogo a luogo, per cui si puo’ incontrarlo anche come friscaliettu, friscaliattu, friscarettu, friscaloru etc.



Bummulu

Strumento da suono improprio, aerofono. Esso è costituito da un vaso di terracotta, per contenere vino ed acqua, usato vuoto riproduce con il rimbombo, il suono cupo di un’immissione di fiato.

 

 



Tamburellu

Strumento musicale appartenente alla classe dei membranofoni. E’ formato da una membrana di pelle tesa su di un cerchio di legno, alto pochi centimetri, che reca entro apposite fenditure, un certo numero di piccole piastre metalliche accoppiate, girevoli su un fil di ferro.
In Sicilia e’ chiamato comunemente tambureddu o tammureddu. La sua comparsa , probabilmente, risale al periodo della colonizzazione Greca ( VII secolo a.c.)

DONNE UOMINI
Il costume femminile richiama l'abito festivo della Burgisa, donna di ceto borghese proveniente dalla zona di Palermo, ma comune anche ad altre province siciliane. Esso si compone di giacchino di raso di seta in tinta unita con maniche lunghe, orlato ai bordi con passamaneria in oro. Sul davanti e sulle spalle esso è ricamato finemente con disegni floreali.Viene allacciato davanti intrecciando un cordoncino di seta su degli occhielli in bronzo.Sotto il giacchino la donna indossa una leggera camicia di mussola bianca smanicata guarnita di pizzo nella scollatura.La gonna è della stessa tinta del giacchino ed è arricchita alla base con una fascia di seta color beige.Sotto la gonna la donna indossa un paio di mutandoni di cotone orlati di pizzo e nastrini.I calzini sono corti e bianchi. Le scarpe sono un tipo di mocassino nero con tacco basso e con una fascetta nella scollatura L'abito maschile si rifà alla tradizione popolare che abbraccia un po' tutto il meridione d'Italia. La giacca è in velluto scuro con bottoni argentati sulle aperture e sui polsini e viene lasciata aperta. Sotto la giacca l'uomo indossa una camicia bianca di cotone. Al collo viene allacciato un nastro di seta rosso. I pantaloni di velluto della stessa tinta della giacca sono corti al ginocchio dove si trovano degli spacchetti laterali guarniti con gli stessi bottoni della giacca. Il cinto viene avvolto in una lunga fascia di seta le cui estremità cadono lateralmente dopo essere state annodate in vita. Le calze di cotone sono lunghe e di colore bianco. La scarpa in vitello nero è arricchita da una piccola nappa di seta nera nella parte anteriore.

 

 
La danza popolare è una danza appartenente al popolo, creata ed eseguita dal popolo. Generalmente la danza popolare è legata ai momenti di vita della comunità e viene danzata da ballerini spesso non professionisti, ma attenti studiosi delle tradizioni specifiche delle loro zone di provenienza. Dove è morta, la tradizione, rimane come manifestazione folcloristica. Le danze popolari vengono accompagnate da strumenti musicali tradizionali tipici delle aree di appartenenza.
LA TARANTELLA

Si attribuisce in Puglia la nascita di una curiosa malattia dovuta al morso della tarantola, che guariva con la danza. Tale malattia si diffuse in tutta l'Europa e durò circa tre secoli. Durante questo periodo nacquero compagnie di suonatori con flauti e tamburelli che giravano i paesi per guarire i tarantolati. Addirittura esistono raccolte di musica per tarantolati, la più famosa è quella di padre Kircher scritta a Roma nel 1654. Secondo la tradizione la cura consiste nel far ballare il malato instancabilmente ripetendo cicli di movimenti che alludono simbolicamente alla particolare specie di ragno da cui sarebbe stato morsicato, un'orchestrina esegue in presenza del tarantato una serie di motivi popolari ( a turno con strumenti diversi ) finchè viene individuata una musica che spinge il malato alla danza.Il fenomeno del "Tarantismo" o delle "Tarantate" deve essere interpretato come il simbolo della frustrazione psichica, economica, sociale e sessuale, ossia come la crisi isterica del singolo individuo. Non a caso ad essere "pizzicate" erano le donne, emarginate tra gli emarginati, che durante l'estasi o il tormento del veleno (della tarantola, ragno velenoso dal cui morso è tratto il termine pizzicata), si potevano permettere di tutto, anche di mimare amplessi in pubblico, fino a quando San Paolo, il protettore delle tarantate, non concedeva la grazia. Costoro danzano sulle note di una musica sfrenata ed incalzante, fino all'esaurimento fisico; un fenomeno, questo, tutt'ora sospeso tra isterismo e antichi rituali di origine magica, sopravvisse fino agli anni 60, anche se in forme disgregate in prov. di Lecce.

U CHIOVU
Simile alla Fasola; si fanno salti con le gambe aperte, che s'incrociano nella caduta, ponendo avanti ora l'una ora l'altra gamba; si salta battendo i tacchi nel cadere; movimenti avanti e indietro.
A salemi si balla a due. Si rivolgono alla donna scherzi, mosse, riverenze; ci si avvicina, ci si danno le mani, passando da un punto all'altro.
FASOLA
Era la danza più diffusa, più briosa, più attraente. Si ballava nei cortili. E' antichissima ed è propria delle donne.
DANZE DI PECORAI
Ci si pone di fianco alla donna a gambe incrociate, inginocchiandosi dinanzi a lei ponendo a terra un sol ginocchio, ora l'uno ora l'altro.
La donna, fa piccoli movimenti con le mani ai fianchi, mosse dalle anche,e gioca appena coi piedi.
L'uomo finge di volerla abbracciare, le manda baci, gioca con le braccia. E' un ballo riposato.
DIAVULICCHIU
Giro tondo a suon di friscalettu e di tammureddu, uomini e donne a braccetto. Ballo favorito di pescatori e di contadini

 

"Conoscere il dialetto è possedere lo strumento 
per capire il mondo da cui siamo venuti 
e in cui siamo ancora immersi, 
non per limitare il nostro orizzonte ma, al contrario, 
per collocare i fatti della nostra storia particolare 
nel quadro più ampio della storia e della cultura nazionale ed europea 
che è fatta di tanti contributi particolari 
che lentamente si sono aggregati e stanno ancora aggregandosi" 
(T.De Mauro-M.Lodi)

 

Della lingua siciliana si hanno notizie fin dal 1230, quando una colta élite di burocrati e funzionari della corte di Federico II - monarca del regno svevo proclamato imperatore nel 1220 - si diede a coltivare l'arte della poesia volgare.
Lo splendore del volgare siciliano fu tale che lo stesso Dante Alighieri nella sua opera "De vulgari eloquentia" definì tutta la produzione poetica siciliana col nome di "Scuola Siciliana" e affermò che i primi "pionieri" nel campo della produzione letteraria e poetica in lingua volgare italiana furono proprio i poeti siciliani appartenenti a questa scuola. Palermo divenne la culla della poesia siciliana.

Tra i più famosi poeti di lingua siciliana troviamo Cielo D'Alcamo, giullare particolarmente colto di cui si hanno poche notizie, che scrisse il celebre componimento "Rosa fresca aulentissima" e Giacomo da Lentini, da molti ritenuto l'inventore del "sonetto".
Dante gli attribuì il titolo di caposcuola della lirica siciliana dato che nei suoi componimenti erano presenti tutti gli stili letterari siciliani fino ad allora usati: sonetto, canzone e canzonetta.

Qualche tempo dopo l'influenza della lingua siciliana si espanse anche nel nord Italia, specialmente in Toscana dove si venne a formare una corrente di poeti, i poeti siculo-toscani, che in seguito avrebbe dato origine alla scuola del dolce stil novo e alla lingua italiana che si affermò come lingua del popolo italiano al contrario del siciliano che fu degradato al ruolo di semplice dialetto regionale.

In tempi recenti il dialetto siciliano è salito nuovamente alla ribalta grazie ad autori come Pirandello, Verga, Capuana, il grande poeta dialettale Ignazio Buttitta fino al contemporaneo Andrea Camilleri.
La Sicilia fu anche Nazione, con il suo governo e con una sua lingua anch’essa molto antica, anche se talune volte tra un territorio e l’altro si notano delle piccole variazioni attribuibili più al suono che al vocabolo stesso. Esempio:

Vocabolo Marsala Canicattì
Mia Sorella
Uovo
Ragazzo
Carciofo
Me Soru
Ovu
Picciottu
Caiccocciula
Ma Sueru
Uevu
Picciuettu
Cacuecciula

Il fenomeno di uniformità della lingua, fu osservato da molti studiosi di glottologia uno di questi fu il tedesco Gerald Rohlfs che scrisse “esiste nell’isola un dialetto unitario”. Le differenze che si possono notare nel lessico derivano quasi eslusivamente dalla presenza più o meno di avanzi del greco e dell’arabo. Il lessico latino presenta in tutta l’Isola una uniformità che raramente si trova nelle altre regioni d’Italia.

Tutto ciò non significa che la lingua siciliana di oggi, si formò tutta nello stesso tempo, anche se buona parte (quella più antica) è stata per sempre persa.
Le lingue sono sempre in movimento; e come in qualunque cosa il processo di evoluzione è sempre presente. La lingua siciliana è una lingua stratificata.

Pietro da Eboli , monaco poeta e medico , vissuto nella seconda metà del XII secolo alla corte sveva, scrisse "Panormus, urbs felix, trilingue dotata", definendo i siciliani trilingue, (perchè parlavano tre lingue) il Greco, l'arabo ed il Latino. Più tardi con l’arrivo dei Normanni abbiamo anche il Francese che si mescola alla nostra lingua già tanto complicata.

Con la fine della dinastia Normanna il regno di Sicilia passo agli Svevi e Federico II, (chiamato “Stupor Mundi”, per il suo grande ingegno di uomo politico scienziato e letterato), non solo aggiunse parole tedesche al nostro vocabolario (non molte comunque), ma per lottare contro la religione Islamica che si era a suo tempo diffusa nell’isola, da cristiano che era, cominciò un programma di rivitalizzazione della lingua Latina per tutta la Sicilia e la bassa Italia.

Per questa ragione la lingua siciliana perse la rimanenza delle forme del Latino antico e acquistò quelle del latino ecclesiastico che era un Latino più giovane, rendendo la lingua siciliana più elegante e più piacevole come suono.
A quel tempo il Greco era ancora usato nell’isola, tanto che quando Federico II° pubblicò “Le costituzioni Melfitane” ha dovuto pubblicarle anche in greco, poiché il latino quasi non esisteva più, dopo tanti secoli di assenza.

Il processo di rilatinizzazione, cominciato da Federico II, durò fino al secolo XIV, poiché un’altra dinastia, quella Aragonese era venuta in Sicilia. Con la seguente dominazione Spagnola, un altro strato di vocaboli si aggiunge alla lingua siciliana, vocaboli che ancora oggi persistono.
Con l’unificazione d’Italia e l’imposizione della lingua Italiana ai Siciliani, un altro vocabolario venne messo al di sopra di tutti gli altri, e non è tutto, poiché in Sicilia dopo l’occupazione Americana del 1943 alcuni americanismi si aggiunsero alla lingua.

La lingua Sicano-Sicula di tre mila anni fa fu influenzata:

1) Dai Greci, VII secolo a.C., e di cui ancora usiamo abbastanza parole, come:

Siciliano Greco
Vastasu
Cirasa
Ntamatu
Babbiari
Allippatu
Anga
Bucali
Carusu
Grasta
Bummulu
Pistiari
Bastaz
Kerasos
Thuma
Babazein
Lipos
Ango
Baukalis
Keiro
Rastra
Bubulios
Apestiein

2) Dai Romani, IV secolo a.C., è rimasto ben poco di questo Latino antico, perché l’influenza latina scomparve dalla Sicilia molto presto a causa della caduta dell’impero romano (Il latino che esiste ancora oggi e quello che risultò dalla rilatinizzazione che fecero Ruggero II° e Federico II° in Sicilia e nella bassa Italia, dopo che fu fatto il regno di Sicilia).

Ci sono comunque ancora delle parole di latino antico che usiamo nel nostro parlare giornaliero:

Siciliano Latino
Muscaloru
Grasciu
Oggiallannu
Antura
Muscarium
Crassus
Hodie est annus
Ante oram

3) Dai Cartaginesi dai Barbari dai Vandali e dai Goti invece non rimane nulla, poiché hanno soltanto saccheggiato la Sicilia in maniera brutale. Successivamente abbiamo subito l’influenza dell’impero Romano d’oriente, che portò nuovamente il greco in sicilia. Nel 820 d. C. è la volta degli Arabi che hanno lasciato forte influenza nella lingua siciliana, che come quella greca ancora persiste. A seguire alcuni vocaboli che ancora usiamo:

Siciliano Arabo
Zibibbo
Burnia
Cafisu
Zuccu
Saia
Tabbutu
Cassata
Zotta
Rotulu
Gebbia
Zimmili
Babbaluci
Giuggiulena
Sciarra
Zara
Zbib
Bumiah
Qafiz
Suq
Saqia
Tabut
Qashatah
Saut
Ratal
Jeb
Zamila
Babaluci
Giulgiulan
Sciarr
Zahara

Curiosità: l’Etna (chiamato Mungibeddu) fu nominata dagli Arabi mundi-mundi, che ha la radice latina in mons (monte), e la radice araba gebel (monte). Il vulcano era ritenuto da credenze popolari dell’epoca il padre di tutti i monti e di tutti i vulcani.

4) Anche i Normanni portarono nuovi vocaboli, complicando ancora di più la nostra lingua. Di seguito alcuni vocaboli con radici Francesi:

Siciliano Francese
Accia
Ammucciuni
Giugettu
Vucciria
Custureri
Fumeri
Foddi
Lueri
Truscia
Firmari
Ammuarra
Buffetta
Tirabuscià
Sciaffurru
Ache
Mucer
Jugnet
Boucherie
Couturie
Fumier
Fou
Louer
Trousser
Fermer
Armoire
Buffet
Tire-bouchon
Chaffeur

5) La dominazione Spagnola durò più di cinque secoli, apportando nell'isola nuovi usi, costumi, leggi e ancora altri vocaboli:

Siciliano Spagnolo
Abbuccari
Curtigghiu
Gregna
Lastima
Nzirtari
Pignata
Scupetta
Sgarrari
Zita
Accanzari
Arrinari
Cusiri
Truppicari
Sulitu
Cinniri
Muccaturi
Abocar
Cortipo
Grena
Lastima
Encertar
Pinada
Scopeta
Esgarrar
Cita
Alcanzar
Arenar
Coser
Tropezar
Solito
Ceniza
Mocador

6) Nel XVIII secolo durante la dominazione Spagnola la Sicilia venne assegnata all’impero Austriaco, il quale per ripagarla di tutti i muli carichi d’oro portati a Vienna, lasciò una manciata di vocaboli che sono ancora in uso:

Siciliano Tedesco
Laparderi
Arrancari
Sparagnari
Guastedda
Hallabardier
Rank
Sparen
Wastel

7) Con gli emigranti di tutte e due le guerre mondiali e poi con lo sbarco degli americani nel 1943, si aggiunsero ancora nuovi vocaboli. "Si fermerà mai questo ciclo?". La lingua inglese ha pure influenzato il superlativo degli aggettivi della lingua siciliana aggiungendo il prefisso “veri” (assai):

Siciliano Inglese
Bossu
Giobba
Cottu
Siccu (malatu)
Veru beddu
Veru siccu
Veru laiu
Boss
Job
Coat
Sick (thin, maybe sick)
Very beatiful
Very thin
Very ugly

8) Infine c’è da dire che la lingua siciliana ha influenzato una piccola parte della lingua Italiana come spiega G. Gulino in un articolo: “ Il dialetto siciliano, la nostra memoria storica”:

Siciliano Italiano
Cannolu
Trazzera
Virdeddi
Ntrallazzu
Salmurigghiu
Picciotti
Sfinciuni
Cannolo
Trazzera
Verdelli
Intrallazzo
Salmoriglio
Picciotti (Garibaldini)
Sfincione

Come detto sopra la nostra lingua è costituita da diversi strati, però questo non sta a significare che la lingua non è siciliana. La lingua siciliana è la nostra lingua, unica come nessun’altra al mondo, quindi... facciamo in modo di non perderla!